
Sono le vittime del vizio di mangiare senza limiti, del “Disturbo da Alimentazione Incontrollata” (Binge Eating Disorder), solo di recente inserito nelle classificazioni ufficiali, accanto alle più risapute bulimia e anoressia.
COSENZA – Sono almeno un milione in Italia i “nuovi prigionieri del cibo”, tutte quelle persone che senza averne coscienza si abbuffano di cibo (da 3.00 a 30.000 calorie nell’arco di un tempo relativamente breve) di nascosto, conservando enormi sensi di colpa e non espellendo in alcun modo ciò che ingeriscono. Il BED (Binge Eating Disorder), un disordine alimentare tra i più diffusi, si ritrova in tutte le fasce d’età e i livelli culturali, con un interessamento del mondo maschile maggiore rispetto agli altri disordini alimentari. Pochi ancora sanno diagnosticare questa patologia, al punto che chi ne soffre spesso, non riceve una diagnosi precisa, circostanza questa che aggrava la situazione di disagio e di sensi di colpa che queste persone sono costrette a vivere.
Di questa nuova patologia e dei modi di conoscerla e combatterla con successo parla il libro Prigionieri del cibo, come riconoscere e curare i disturbi da alimentazione incontrollata, curato da Simone Pampanelli, diabetologo e Laura Dalla Ragione, autrice di vari saggi, psichiatra, psicoterapeuta e dirigente della Rete disturbi comportamento alimentare Usl 1 dell’Umbria.
Il libro è stato presentato, nei giorni scorsi, dall’ADAC – Associazione Disturbi Alimentari Cosenza, nella sede di “Artigiani del Gusto” di Cosenza. Sono intervenuti alla presentazione, oltre all’autrice Laura Dalla Ragione, Maria Parise, presidente dell’ADAC, la psicologa e psicoterapeuta Angela Funaro e lo psicoterapeuta Santino Gaudio. Questi ultimi hanno entrambi sottolineato il valore del libro nell’affrontare realmente tutti gli aspetti di questo disturbo (psicologico, psichiatrico, nutrizionale) e riportato le loro esperienze quotidiane su pazienti di questo tipo.
Dopo una breve presentazione della presidente dell’ADAC, è intervenuta la dottoressa Dalla Ragione, che ha illustrato i contenuti del libro e le ragioni che hanno spinto i due autori a trattare, primi in Italia, di un disturbo ancora non del tutto riconosciuto e curato in modo efficace. Dalla Ragione ha iniziato da una descrizione delle due parti in cui è diviso il libro. Nella prima sono analizzati tutti gli aspetti del disturbo da alimentazione incontrollata, dalla diagnosi alla terapia, dai fattori sociali agli aspetti psicologici e psichiatrici e dalla patogenesi ai rischi medici.
Un disturbo che costituisce una vera e propria “dipendenza da cibo” che causa gravi conseguenze anche fisiche, come l’obesità con tutti i disturbi a essa correlati, ma che determina anche una compromissione dello stato psichico ed emotivo di chi lo subisce. Di solito, ha chiarito la dottoressa, interessa persone che possiedono “un’autostima fragilissima, che hanno subito nel tempo le peggiori umiliazioni e svalutazioni, persone il cui dolore è rimasto per anni inascoltato e placato soltanto dalla funzione sedativa del cibo stesso”.
“I tratti che contraddistinguono questo che è un vero e proprio disturbo psichiatrico, ha proseguito l’autrice, sono la presenza di abbuffate compulsive, in altre parole l’assunzione di una grande quantità di cibo in un periodo molto limitato di tempo, non associato, come accade con la bulimia con cui viene spesso confuso, ad alcun tipo di mezzo compensativo, come ad esempio vomito autoindotto, iperattività fisica o abuso di lassativi e diuretici”.
“I dati relativi a questi nuovi “prigionieri del cibo” sono in aumento – ha proseguito Dalla Regione – con un coinvolgimento di tutte le fasce di età, dall’adolescenza all’età più adulta, e una percentuale del sesso maschile più alta che negli altri disturbi. Questi prigionieri del cibo sono donne, uomini, figli o genitori, lavoratori o non, adolescenti o persone mature, che non trovano altro modo di esprimere le proprie frustrazioni”.
“D’altra parte, ha proseguito Dalla ragione, viviamo in un mondo in cui siamo ossessionati dal cibo, presente in maniera ossessiva in tutti media. E ciò può innescare fattori importanti di rischio: l’Italia è oramai il primo paese di Europa per obesità infantile (35% nelle regioni del sud, tra cui la Calabria)”.
Dopo aver descritto la diagnosi, nella seconda parte del libro, è stato presentato il lavoro innovativo svolto dal Centro D.A.I. di Città delle Pieve, prima struttura pubblica interamente dedicata alla cura del nuovo disturbo, nella quale si affronta il problema dell’identità corporea del paziente con un approccio a tutto campo che permette di far riemergere tutto ciò che la persona nasconde.
“Infatti – spiega Dalla Ragione – si cerca di affrontare il disturbo come per gli altri disturbi psichiatrici, con un approccio a 360 gradi: curare il disturbo e risolvere il problema dell’obesità grave. Si lavora sull’intera biografia della persona, e non solo sul suo peso. Il programma, che può essere svolto in modo ambulatoriale, residenziale, semiresidenziale e domiciliare, affronta contemporaneamente i problemi dell’alimentazione, ma soprattutto i pensieri e le emozioni che muovono questo rapporto disordinato con il cibo. Importanti è lo stretto collegamento con la famiglia del paziente in tutti i casi sopra descritti, al fine di coinvolgerla in tutte le fasi in cui è fondamentale il sostegno della famiglia, anche quando il paziente è ricoverato o ritorna a casa alla sera dopo i trattamenti terapeutici”.
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